La mediazione obbligatoria si estende alle domande riconvenzionali?
La mediazione preventiva obbligatoria per le “domande riconvenzionali” aventi ad oggetto materia indicate dal legislatore rappresenta ancora un tema contrastante per la giurisprudenza.
In particolare il Tribunale di Bari con la pronuncia del 26/02/2016 (materia ereditaria) ed il Tribunale di Verona con Ordinanza del 12/05/2016 (materia bancaria – rapporto di conto corrente) hanno affermato che: “anche la procedibilità della domanda riconvenzionale è subordinata al tentativo di mediazione nelle materie in cui il suo preventivo esperimento è obbligatorio”. Le motivazioni che hanno portato a tale conclusione sono sostanzialmente le seguenti:
1) il termine «convenuto» è riferibile anche all’attore rispetto alla riconvenzionale;
2) bisogna garantire parità di trattamento dell’attore posto che, ai fini della valutazione sulla necessaria attivazione del tentativo, occorre tener conto del contenuto della domanda e non della parte da cui essa proviene;
1) la norma non esclude l’esperibilità del procedimento per le domande cumulate. (Cod. proc. civ., art. 36; d.leg. 4 marzo 2010, n. 28, attuazione dell’art. 60 della l. 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, art. 5) Di diverso avviso è la pronuncia del Tribunale di Roma del 28/01/2017 (materia di affitto d’azienda) la quale ha stabilito che: “la mediazione obbligatoria alle domande riconvenzionali non sarebbe mai preventiva ma soltanto successiva”.
Le motivazioni che hanno indotto il Tribunale a tale conclusione sono seguenti:
- a) le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità sono di stretta interpretazione, poiché introducono limitazioni all’esercizio del diritto di agire in giudizio, garantito dall’art. 24 Cost. e, quindi, la locuzione “chi intende esercitare in giudizio un’azione” deve essere letta come equivalente a “chi intende instaurare un giudizio”; dovendosi salvaguardare i principi della ragionevole durata del processo, dell’efficienza ed effettività della tutela giurisdizionale e dell’equilibrata relazione tra procedimento giudiziario e mediazione;
- b) l’affermazione formulata dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 18 gennaio 2006, n. 830) con riferimento all’art. 46 della legge n. 203/1982 e, cioè, che “l’onere del preventivo esperimento del tentativo di conciliazione sussiste, oltre che a carico dell’attore che agisce in via principale in giudizio, anche nei confronti del convenuto che proponga una domanda riconvenzionale, secondo uno dei criteri di collegamento previsti dall’art. 36 cod. proc. civ.” dovrebbe riguardare, semmai, la sola domanda riconvenzionale c.d. “inedita” (nel caso esaminato tale requisito non sussisterebbe);
- c) non vi è, comunque, stata, nella fattispecie, eccezione in proposito da parte della ricorrente. Le tematiche oggetto delle pronunce giurisprudenziali sopra illustrate, pur se rientranti nelle cosiddette “materie obbligatorie”, sono molto diverse tra di loro atteso che gli interessi in conflitto hanno un peso diverso per ciascuna parte coinvolta, per cui si potrebbe ritenere che anche lo svolgimento di un secondo procedimento di mediazione, dopo l’esito infruttuoso del primo, non debba essere considerato “inutile e dispendioso”.
Tale “secondo procedimento”, infatti, potrebbe indurre le parti a riconsiderare la possibilità di una definizione transattiva della controversia ma soprattutto soddisfare i principi cardine che sono alla base della pura mediazione: LA SODDISFAZIONE DEI REALI BISOGNI ED IL RECUPERO DELLA “RELAZIONE” TRA LE PARTI.
Avvocato Concetta Coletta
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